Il Festival

La cazoeula o cazzoeula (com’è d’uso chiamarla a Cantù ed in buona parte della Brianza) o casoeula o cassoeula (com’è invece d’uso nel milanese) è il più tipico dei piatti brianzoli, oggi diffuso, in diverse varianti, in buona parte della Lombardia. Le sue origini, risalenti nel tempo, affondano le proprie radici nelle arcaiche tradizioni culinarie invernali delle famiglie contadine brianzole.

Per celebrare questa nostra fantastica pietanza (che è la vera ed incontrastata regina della cucina brianzola) abbiamo creato nel 2013 ( per iniziativa dell’allora sindaco di Cantù Claudio Bizzozzero ) il FESTIVAL DE LA CAZOEULA, nato a Cantù e successivamente esteso a comprendere l’intera Brianza comasca, Brianza lecchese e monzese.

Il festival si propone di preservare e valorizzare la tradizione di questo nostro succulento e gustosissimo piatto a base di verze, costine e cotenne, un piatto che per noi brianzoli è qualcosa di più di una semplice pietanza, rappresentando un vero e proprio fondamento di riconoscimento identitario locale (non a caso, la cazoeula non si mangia da soli ma in compagnia, innaffiata da una buona barbera o una buona bonarda, entrambe rigorosamente dell’Oltrepo Pavese).

Ogni anno dal 2013, a partire dal giorno di Sant’Antonio (17 gennaio) fino alla fine di febbraio, gli chef brianzoli si sfidano per aggiudicarsi l’ambito trofeo CAZOEULA D’ORO attribuito alla miglior cazoeula dell’anno, valutata sulla base dell’insindacabile giudizio della giuria popolare,  di quella tecnica ( composta da chef dell’Associazione Cuochi della Provincia di Como, Lecco e Monza Brianza e da giornalisti di settore) e del Conclave della Cazoeula composto da tutti i ristoratori partecipanti al festival.

La lettera da cui tutto ebbe inizio

Cantù, 13 novembre 2013
Egregio Sig. Sindaco,

sono Elda Borghi, nata a Fecchio il 21 ottobre 1930 e abito a Cantù in via California, n°2. Colgo il Suo invito e sono contenta di affidare a questi fogli i ricordi di mio padre Edoardo. Nelle sere d’inverno, dopo la cena, mentre la mamma lavava i piatti in una bagnarola posata sul tavolo della cucina, egli sedeva ad impagliare le sedie di casa e ci raccontava bellissime storie che incantavano me e i miei fratelli. Tra queste anche la storia vera del matrimonio dei suoi genitori contadini (Carlo Borghi detto Carleu e Virginia Molteni, detta Gila, vissuti a Cantù tra la metà dell’800 circa al primo trentennio del ‘900), i quali ebbero per pranzo di nozze, appunto, la famosa cazoeula, di cuì leì ha invitato le signore ultrasettantenni di Cantù a scrivere la rìcetta. Riporto quindi integralmente la storia che mi raccontava mio padre e di cui ho un ricordo nitido e caro, a testimonianza della veridicità della mia versione della ricetta della cazoeula che le invio. Non so se questa mia ricetta sia più o meno corretta o fedele alla tradizione, sta di fatto che le cose andarono così.

La Cazoeula: piatto povero per le feste dei poveri.

Un bel giorno di fine agosto dell’anno del signore 1900 circa, il Carleu (Carlo) disse alla mamm Pineta (mamma Giuseppina) la quale stava attingendo l’acqua dal pozzo che si trovava nel cortile della cascina Pescé (Cascina Pescedo, detta “Dii Viurit”) in quel di Fecchio:
«Mamm, bisogna che per sta’ messun mazum ul purcel grass e tra un quai mes catarem tuta l’uga par fa un pu de pincian parchè par Natal vouraria spusà la Gila.»
«Te ghet vint’ann Carleou!» disse la mamm Pineta. «Te set un omm! Ma el me par un pu prest. Quanti ann la g’a la Gila?»
« Vint, mamm!» rispose Carleou.
«L’è una dona, l’è marula» disse pensierosa la mamm Pineta, «ma quel ragiunà chi te de faghel al tò pa’ Pepp. L ‘è lu ul regiu! Me sun la regiura, la masera.».

Traduzione:
«Mamma, bisogna che questo fme autunno ammazziamo il maiale grasso e, tra qualche mese, vendemmiamo l’uva per fare un po’ di vinello Pincian perché per Natale voglio sposare la Virginia.»
«Hai vent’anni, Carlo!» disse la mamma Giuseppina. «Sei un uomo! Ma mi pare un po’ troppo presto. Quanti anni ha la Virginia?»
«Venti, mamma» rispose Carlo.
«È una donna, è matura», disse la mamma Giuseppina. «Ma questo discorso lo devi fare a tuo papà Giuseppe! Lui è il capo di questa casa. Io sono solamente la moglie, la massaia.»

Alla sera ul pa’ Pepp, tornato dai campi, passò alla stalla per mungere le vacche e il Carleou gli si avvicinò molto timorosamente e con grande rispetto. Così gli parlò:
«Pa’,  uparlaa stubass cunt la mamm e ghu dii che par Natal vuraria menà a cà la Gila del Muss»
«U capii!» disse il regiu. «Bisogna mazà ul purceel» E Carleou proseguì: «E anca catà l ‘uga!»
« Va ben.» acconsentì il padre. «Ghe sarà la cazeoula e anca ul pincian! Ma parchè te voret spusà subit la Gila?»
Rispose Carleou: «La Gila la g’a pu nisun! I so fredei e surei in un pu de chi un pu de là e l’è deparle.»

Traduzione:
«Papà! Ho parlato questo pomeriggio con la mamma e le ho detto che per Natale vorrei poter portare in casa (sposare) la Virginia del Musso!»
«Ho capito!», disse il padre. «Bisogna ammazzare il maiale!» E Carleou proseguì: «E anche cogliere l’uva!»
«Va bene», acconsentì il padre. «Ci sarà la cazeoula e il vinello Pincian! Ma perché vorresti sposare subito la Virginia?»
Rispose Carlo: «La Virginia non ha più nessuno (è orfana)! l suoi fratelli e le sue sorelle sono un po’ di qui e un po’ di là (sono stati presi dai parenti) e lei è rimasta sola.»

Così con il permesso del pa’ Pepp si stabilì il giorno e il menù di nozze per prima di Natale.
Però, disse il pa’ Pepp: «Ghè duaria de dighel anca ai meè fredei, ul Nell e ul Zechiell»
Intervenne la mamm Pineta: «Ma chisà in du’è che inn chi dü le. Semper in gir a sunà ul viurin!»

Traduzione:
Però, disse il papà Giuseppe: «Bisognerebbe dirlo anche ai miei fratelli, Nello e Ezechiele!
Intervenne la mamma Giuseppina: «Ma chissà dov’è che sono quei due lì! Sempre in giro a suonare il violino!»

I fratelli del pa ‘Pepp suonavano il violino nelle feste paesane perché a loro non piaceva lavorare in campagna, e da qui derivò il soprannome della mia famiglia: i Viurit.
Fu così che a settembre, venne colta l’uva e venne schiacciata dentro il tino con i piedi e in seguito, a fine novembre, si sacrificò il maiale grasso.
Disse il pa’ Pepp: «Farem inscì par ul past de spuus del Carleou e la Gila: cunt i custit e un pu de cudic farem la cazeoula, cunt ul musun, i urecc, e i pescieou farem ul salam de fa’ coeuss. Cunt ul rest farem salam crù, cudeghit e lügàniga e farem lart e panzeta. »

Traduzione:
Disse il papà Giuseppe: «Faremo così per il pranzo di nozze del Carlo e della Virginia: con le costine e un po’ di cotiche faremo la cazeoula. Con il muso, le orecchie e i piedini faremo il salame da cuocere. Con il resto faremo il salame crudo, cotechini e salsiccia e faremo lardo e pancetta.»
Venne dicembre e il giorno del matrimonio la mamm Pineta si dette da fare per preparare la cazeoula.

Il Carleou disse alla mamm Pineta: «Ve racumandi, mamm! Catìi su i verz in campagna che in bei gerà e quant in quasi cott cunt i custin e i cudic tirii indree i brasch dalla scender e meti su la pignata su la scender bela colda. Inscì la cazeoula la finis de coeus e la resta né sucia né bagnada, poeu farem la pulenta.»

Traduzione:
Il Carlo disse alla mamma Giuseppina: «Vi raccomando, mamma! Cogliete le verze nel campo che sono belle gelate e quando sono quasi cotte con le costine e le cotiche togliete le braci dalla cenere e mettete su la pentola sulla cenere bella calda. Così la cazeoula finisce di cuocere e resta né asciutta né bagnata, poi faremo la polenta.»

Sì, perché la cazeoula doveva essere rigorosamente accompagnata con la polenta di granoturco. Inoltre era assolutamente proibito accompagnare la cazeoula con bevande come acqua, gazzosa e simili, ma doveva essere accompagnata con un buon bicchiere di vino (preferibilmente brianzolo).

La Ricetta della Elda

Ingredienti (per 4 persone):

• 1 Kg di costine di maiale
• 2.5 Kg di verze
• 0.5 Kg di cotiche a pezzi
• 2 carote affettate finemente
• Un gambo di sedano tagliato a pezzetti piccoli
• Una cipolla tritata finemente
• Un cucchiaio di lardo tritato finemente
• Un cucchiaio di olio d’oliva
• Qualche foglia di salvia
• Sale quanto basta

 

Preparazione:

In una casseruola larga e non troppo alta insaporire (non tostare) con il lardo e un cucchiaio di olio d’oliva le costine con le carote, il sedano e la cipolla. Aggiungere poi le verze dopo averle lavate e spezzettate grossolanamente e qualche foglia di salvia. Salare quanto basta. A piacere aggiungere un pizzico di pepe (personalmente l’ho eliminato).

La cazoeula non va assolutamente fatta bollire. Nemmeno le verze devono essere bollite prima (se le prime foglie risultassero troppo scure e dure queste possono essere scottate moderatamente). La cazoeula non deve risultare ne liquida ne asciutta, ma deve risultare morbida, cioè deve avere quella giusta quantità di sugo per intingere la polenta. Perciò attenzione a tenere la casseruola né troppo coperta né troppo scoperchiata! Il fuoco deve essere moderatamente basso per evitare sgradevoli bruciature.

La cazoeula va rimestata per favorire la cottura omogenea di tutti gli ingredienti. Questo procedimento però va fatto il minor numero di volte possibile e in ogni caso con moderazione e prestando attenzione, per evitare che venga spappolata esageratamente. Non cuocere maì costìne, cotiche e verze separatamente (come sì legge in certe ricette) perché altrimenti i sapori non risulterebbero bene amalgamati.

Il tempo di cottura per quattro persone è di circa un’ora e mezza/due ore, ma può variare significativamente a seconda della quantità degli ingredienti e delle basi.

Altri ingredienti si possono aggiungere alla cazoeula a piacere, ma sia ben chiaro che non c’entrano niente con la cazoeula canturina!